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Accettare soldi dallo stato? Walter Block ci aiuta

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Di seguito pubblichiamo la traduzione di un testo di Walter Block pubblicato su Lewrockwell.com in risposta ad una lettera anonima sul dilemma morale più grande per i libertari: è morale accettare soldi dallo stato?

Ringraziamo Leonardo Pavese per la segnalazione e per la traduzione.

Egregio professor Block,

Vorrei farle una domanda alla quale spero lei troverà il tempo di rispondere: il prossimo autunno, inizierò un periodo di nomina come professore non titolare all’Università A, nella facoltà di B. Mi rendo conto che, nonostante non sia probabilmente l’ideale, un accademico anarco-libertario possa sentirsi giustificato se lavora in un’università di stato, perché l’insegnamento universitario è una professione che ormai è stata totalmente monopolizzata dal governo; e quindi ci si deve adattare, più o meno come si fa quando si usano le strade statali. E come diceva Murray Rothbard, non è necessario fare i martiri.  

Il mio problema è, visto che sono un giovane membro di facoltà, che persegue l’insegnamento di ruolo in un’università che fa ricerca, qual’è la posizione anarco-libertaria, riguardo ai finanziamenti statali per la ricerca? Ovviamente, non possiamo fare pressione sul governo perché li aumenti ma, visto che già esistono, ci è consentito di perseguirli, rimanendo allo stesso tempo coerenti libertari? (Sto dando per scontato che ogni tecnologia sviluppata non sarebbe direttamente impiegata per perpetrare un’aggressione…).

Il mio programma è di perseguire ogni realistica opportunità di lavorare nell’industria privata, e l’ideale sarebbe senza ricevere un centesimo dallo stato; ma potrebbe non essere una strategia vincente.

Gradirei molto avere la sua opinione in merito, e la ringrazio anticipatamente per il tempo che dedicherà a rispondermi.

Cordiali saluti

Professor C.  

Questa la risposta di Walter Block.

Egregio Professor C,

Solo a un libertario, uno per giunta che riflette, come lei, verrebbe in mente di porsi una domanda come questa. È un problema che la destra o la sinistra non si porrebbero neanche in un milione di anni; perché entrambi credono fermamente nello stato. Al contrario di loro, noi libertari sosteniamo sempre il principio di non aggressione, per cui siamo sempre un po’ guardinghi, quando si tratta di aver a che fare col governo (che è il primo a violarlo, il principio); e va da sé che accettare denaro dallo stato significa rimanerne invischiati. Quindi, essersi posto questa domanda,  di per sé, le fa onore.

Questo è un quesito che molto spesso si pongono le persone nell’ambiente universitario, come lei ed io, le quali sono un pochino più intelligenti della media, e non vogliono contraddire i loro principi libertari. (Al contrario, gli egalitari di sinistra sono dei bei zuzzerelloni ipocriti: predicano l’eguaglianza, però se ne vanno in giro con due occhi, mentre invece avrebbero potuto donarne uno a un cieco; tali e quali ai falchetti da pollaio della destra, che vorrebbero che gli Stati Uniti d’America invadessero ogni paese al mondo, però non si sono mai offerti volontari per le forze armate).

In un certo senso il libertarianismo è semplice: tieni le mani a posto, non rubare, non uccidere, e così via. Ma rimanere fedeli al principio di non aggressione è problematico, dal momento che lo stato ha i suoi tentacoli in praticamente tutti gli aspetti della nostra vita. Lo stato viola brutalmente i nostri diritti, ed è difficile condurre una vita normale senza rimanere impigliati nella sua ragnatela.

La mia opinione, comunque, è che sia cosa virtuosa e positiva alleggerire il governo della sua refurtiva. Supponiamo che Z rubi una mela a Y. Poi arriva X, il quale sottrae la frutta a Z. X avrebbe sbagliato? Avrebbe forse agito in maniera incompatibile col principio di non aggressione? Nient’affatto. Anzi, al contrario, X ha compiuto un gesto completamente in linea con la nostra filosofia. Senza dubbio, tutte le teorie libertarie del diritto di proprietà privata e della punizione, concorderebbero sul fatto che Z sia assolutamente quello che si merita la mela di meno.

Ora, sarebbe bello, e virtuoso, che X restituisse il frutto a Y. Infatti, il rapporto fra Ragnar Danneskjold (X) e Hank Reardon (Y), nel magnifico e monumentale romanzo di Ayn Rand, Atlas Shrugged, era esattamente quello. Lo stato (Z) rubava a Reardon, e Ragnar non faceva altro che restituire il maltolto a Hank, la vittima. Ma le azioni di Ragnar costituivano un’operazione in due atti: prima egli rubava l’oro allo stato, poi, e solo allora, lo restituiva a Reardon. Ma perché un’azione composita sia lecita, anche ciascuna parte di essa lo deve essere. Due malefatte non rendono giusta una cosa. Ma neanche un’azione buona e una sbagliata. Per cui, se ne deduce, che era totalmente corretto che Danneskjold alleggerisse lo stato del maltolto, anche se poi non avesse dato neppure un centesimo a Reardon.

Sottrarre denaro a un ladro è un’azione inequivocabilmente buona. Anche restituirlo alla vittima è cosa virtuosa, ma è eccessivamente zelante: non è un’azione necessaria a correggere la prima mossa, che è giusta di per se stessa!

Supponiamo che accettaste denaro statalista, e io, personalmente, l’ho fatto; e supponiamo che qualcuno ve lo chiedesse, basandosi sul fatto che lo stato ha sottratto quei soldi con la forza, e che voi dovreste restituirgli ciò che voi avete preso dal governo. Be’, prima di tutto, voi non gli dovreste dare tutto: potreste tenervene una bella porzione, come compenso per averlo recuperato, (per esempio, i giudici del diritto privato del mare, nel Medioevo, erano soliti assegnare, a chi recuperava un vascello, un terzo del valore). Per quanto riguarda il rimanente, la persona che vi chiede il denaro dovrebbe presentarsi a voi con le mani completamente pulite. Egli non può essere nient’altro che un libertario; se non lo è, è solo uno che, in primo luogo, ha acconsentito alla suddetta ruberia.

Se invece è un libertario, si renderà perfettamente conto che voi siete i primi creatori di quella ricchezza, e che perciò ne siete i legittimi proprietari. Se ne vuole un po’, come sarebbe suo diritto, non gli resta che toglierne un po’ anche lui ai malfattori, come avete fatto voi.

In passato, mi sono reso “colpevole” anch’io di aver accettato sussidi dallo stato. Compro il mio cibo al super-mercato, e ne mangio ancora di più al ristorante. Perciò, traggo vantaggio, seppur indirettamente, dalle sovvenzioni statali all’agricoltura. Ho della carta-moneta, creata per fiat dal governo (e che proviene da una banca a riserva frazionaria), nel mio portafogli, e la uso, anche se, da buon libertario, preferirei moneta basata sul libero scambio, cioè sull’oro e l’argento.

Uso i marciapiedi, le strade e le autostrade che mi vengono concesse grazie alla gentilezza dell’istituzione che mi piace di meno. Ho frequentato le scuole pubbliche, da studente, e ho anche insegnato in alcune di esse. Ho ottenuto una borsa di studio dallo Stato di New York, e non restituirò neanche un centesimo al governo. Faccio un uso svergognato delle biblioteche pubbliche, delle gallerie d’arte e dei musei. Approfitto dei servizi dei parchi pubblici: Central Park a New York, Stanley Park a Vancouver e molti altri; e quando lo faccio, esibisco un sorrisetto di soddisfazione, per il lavoro ben fatto.

Però, a quali organizzazioni sarebbe correttamente consentito di accettare sovvenzioni governative? Una tipica università privata (negli Stati Uniti), per esempio, lo potrebbe fare? La mia risposta è no: infatti, benché vi potrebbero essere alcuni professori che sostengono la libera iniziativa, di solito nella facoltà di Economia, il resto è a tutti gli effetti culo e camicia con lo stato, e ne approva la sua attività predatoria. Per esempio, è molto raro che ci sia perfino un solo professore (o professoressa) di idee libertarie nelle facoltà americane di Sociologia, Antropologia, Filosofia, Giurisprudenza, Scienze Politiche, Storia, Teologia e Letteratura; per non parlare delle facoltà “multi-culturali”, tipo studi femministi, afro-americani o omosessuali.

Ora però, finalmente, mi permetta di rispondere alle questioni specifiche che lei solleva. Non credo, come dice lei, “che un accademico anarco-libertario possa sentirsi giustificato, se lavora in un’università statale, perché l’insegnamento universitario è una professione che è stata ormai completamente monopolizzata dallo stato”.  Prima di tutto, lo stato non ha ancora totalmente monopolizzato l’istruzione (negli Stati Uniti, ndt). Ci sono ancora, dopo tutto, numerosi istituti privati. Inoltre vi sono moltissime università, ufficialmente private, che sono solo parzialmente finanziate dallo stato. Il governo, per esempio, non ha ancora completamente monopolizzato i flussi d’informazione: esistono molte alternative alle Poste; però è perfettamente scusabile che un libertario usi la posta tradizonale. Lei ha ragione: Murray Rothbard lo ha detto veramente che non è necessario che noi scegliamo il martirio. Il Libertarismo non ce lo impone.

Non ho niente in contrario al suo piano di perseguire “ogni possibile opportunità di lavorare in un’azienda privata”. Ma si deve rendere conto che poi non le verrà riconosciuto alcun merito, per averci aiutato ad alleggerire lo stato del malloppo. La prego di capire: non sono contro l’industria privata, ovviamente (anche se, nel presente assetto istituzionale, ne rimane ben poca, eccetto qualche piccola azienda familiare); ma non dovrebbe affatto essere un suo  ideale “non ricevere neanche un centesimo dallo stato”. No, no, no, mille volte no: è cosa meritevole sottrarre denaro a un’istituzione illegittima, e molto di più di un centesimo.

Ma, un attimo! Se si coopera con il governo in quella maniera, non si potrebbe essere accusati di “favoreggiare” un’istituzione malefica? Be’, sì, in un certo senso sì. Se accettate soldi dal governo, gli state in effetti dando il vostro imprimatur, o la vostra “sanzione”, come direbbero i seguaci di Rand. E, in effetti, state aiutando il governo ex ante, nel senso che tutte e due le parti in causa, sempre, necessariamente e in ogni caso, traggono beneficio da uno scambio volontario, come in questo caso: voi avete acconsentito ad accettate i fondi, loro a darveli.

Però, incamerando i loro soldi, voi non state promovuendo lo statalismo più di quanto non facciate avendo del contante in tasca, andando alla biblioteca o camminando per la via. Inoltre, benché naturalmente voi stiate favoreggiando lo stato ex ante, non lo state di certo facendo ex post. Mi spiego: loro elargiscono denaro, nella speranza di poter promuovere lo statalismo meglio che se spendessero i soldi in un altro modo. Ma voi, dopo, con le vostre azioni non lo farete di sicuro.     

Ora, io della sua specializzazione conosco ben poco. Non posso prevedere come si svolgeranno le cose nel suo campo. Quindi, mi consenta di parlarle un po’ del mio: in passato, ho insegnato Economia in varie università e scuole superiori pubbliche. L’autorità costituita avrebbe voluto che io insegnassi una sorta di moderato neo-classicismo economico: cioè la dottrina del fallimento del libero mercato, secondo la quale, benché la libera iniziativa funzioni bene in condizioni di competitività non adulterata, nella realtà queste condizioni non esistono, per cui il governo svolge un’importante funzione di anti-trust, di previdenza sociale, implementando leggi a favore dei lavoratori, barriere tariffarie, eccetera, eccetera.

Come può ben immaginare, mentre rendevo edotti i miei studenti riguardo a queste cose ( e non averlo fatto sarebbe stato fargli un torto), gli facevo anche notare le gravi, anzi, letali falle in quella impostazione analitica.

Quindi, quando anche per me avranno luogo i Processi di Norimberga Libertari, e io mi ritroverò sul banco degli imputati per essermi associato al nemico, mi aspetto di essere assolto con formula piena. Che ne sarà, invece, di quei professoroni marxisti, socialisti, teorici dell’intervento statale in un’economia mista? Verranno anche loro assolti da una giuria di libertari? Neanche per idea. Al contrario di me, loro hanno veramente favoreggiato lo stato malefico, promovuendo le sue dottrine e inculcandole nella mente dei giovani.

Le offro un suggerimento. Se ancora si sentisse colpevole di essersi invischiato nelle finanze stataliste (sentimento che la incoraggio energicamente a soffocare), e non ha altro modo di promuovere la libertà (come faccio io, insegnando economia), che ne direbbe di prendere una parte del suo stipendio (al netto, non al lordo. Diciamo il 5%, o il 10%) e donarla a un organizzazione libertaria?

In conclusione. Basta con la pura teoria. Torniamo al pratico. Secondo la legge vigente, è perfettamente legale che lei faccia domanda, e ottenga un trasferimento di ricchezza dallo stato; per cui tutto questo parlare di “ruberie”, da un punto di vista pragmatico, non ha tanto senso.

Murray Rothbard diceva che il contributo di una persona alla società è direttamente proporzionale al suo reddito. Sulla stessa falsariga, io le dico, che se tutti gli altri fattori rimangono immutati, più soldi togliamo dai forzieri dello stato, migliori libertari saremo.

 


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