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Il nuovo Terzo stato ignaro di esserlo

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Riportiamo un estratto di questo più lungo ma interessantissimo articolo di Aldo Canovari, fondatore di Liberilibri, uno dei pochi editori specializzati in saggistica libertaria.

“[…]– Riporre una buona volta in soffitta la favola secondo cui esisterebbe un unico gruppo socio-economico identificabile sotto il nome di “cittadini”. E prendere atto che esistono almeno due classi caratterizzate da condizioni, interessi, modi di vita diversi e confliggenti;
– Smetterla di propinare agli italiani il menzognero insegnamento secondo cui “Lo stato siamo noi stessi”;
– Porre fine alla truffa politico-linguistica, in base alla quale si fa credere che essendo lo stato la sommatoria dei cittadini, il denaro che ciascuno dà allo stato è denaro che va ai cittadini generalmente e genericamente intesi;
– Prendere atto, di conseguenza, che lo stato e i cittadini comuni sono due realtà concettualmente e dimensionalmente diverse, distinte, e addirittura contrapposte. Da un lato lo stato: costituito da quel ristretto numero di iper-privilegiati (circa 1.000 parlamentari, 1.113 consiglieri regionali, le altre molte centinaia di consiglieri provinciali, le decine di migliaia di consiglieri di enti statali, parastatali, società partecipate pubbliche e semipubbliche, alte burocrazie civili e militari, magistrati civili, amministrativi, penali, organi istituzionali con i loro pletorici innumerevoli apparati appendicolari, le relative clientele dirette e indirette…), in tutto, a seconda degli scaglioni di privilegio assunti come criterio di stima, circa 250.000-500.000 soggetti. A questo Olimpo da ancien régime, a questa nuova Versailles decentrata in dependance regionali, provinciali, eccetera, dei cui insultanti privilegi e sperperi sono piene le pagine dei giornali, va poi aggiunta una seconda categoria di cittadini, rappresentata da tutti gli altri “privilegiati di seconda classe”, forse qualche milione: dipendenti pubblici e parapubblici in sovrannumero, con posto e stipendi garantiti, retribuiti ma improduttivi, magari non per propria colpa, ma che comunque a tutti gli effetti possono considerarsi, stanti le caratteristiche del posto fisso e garantito e della scarsa o nulla produttività, non già tax payer, ma tax consumer.
E infine, dall’altro lato, il nuovo Terzo stato, la grande massa dei cittadini-contribuenti, privi di posto, retribuzione e reddito garantiti: tutti i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti non pubblici. Ecco allora che ogni richiamo astratto alla coscienza tributaria dei cittadini non meglio specificati, in un contesto sociale in cui emergono episodi che in modo eclatante attestano l’esistenza di categorie di cittadini diverse, contrapposte e inconciliabili, ogni richiamo di questo tipo, tanto più se proveniente da un presidente del Consiglio che è esemplare rappresentante della oligarchia iper-privilegiata non può che risultare oltreché grottesco, anche immorale ed offensivo. […]”

***

Il nuovo terzo stato, così come fu la volta della classe degli schiavi nel periodo romano o dei servi della gleba nel medioevo, si affaccia sulla storia. Questo dei pochi parassiti che schiavizzano e tartassano i parassitati è un tema ricorrente dei discorsi tra libertari ma la gente continua ad associare il nostro pensiero ai ricchi miliardari o agli imprenditori o ancor peggio ai capitalisti, ovvero i grandi industriali che vanno a braccetto con lo stato per aiuti e sovvenzioni. E’ incredibile come la gente non capisca che l’1% che comanda sul 99% è lì, sulle poltrone dello Stato, ogni giorno facendoci credere che loro esistono per far funzionare il tutto, quando invece il tutto funziona perché ci siamo noi che lavoriamo per loro. A questo ci ha ridotto la democrazia: a credere di essere “cittadini” tutti uguali senza distinzioni di classi. Almeno nel passato gli schiavi o appunto il terzo stato erano consapevoli della loro situazione, avevano una consapevolezza di classe. Ecco perché le rivoluzioni in democrazia non possono accadere fintanto che il suddito penserà di essere un cittadino come tutti gli altri.

Non è forse il libertarismo un’idea rivoluzionaria? Non solo filosoficamente ma anche e soprattutto perché ci fa vedere con una nuova lente quali e quante classi sociali esistono nella società e chi comanda o soffre nella piramide.

P.S.

Un unico appunto che un po’ si ricollega al post di ieri: questo articolo è stato pubblicato su un giornale che appartiene a quell’1% di parassiti e che vive del finanziamento pubblico ai giornali erogato dallo stato.


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