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The State Delusion: Dieci miti ingenui a favore dello stato Parte I

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schiavi_raccolta_cotoneTempo fa, su questo sito, ho espresso l’idea che al movimento libertario serve un libro di successo e controverso che susciti dibattiti e interesse come  The God Delusion (it: L’illusione di Dio) di Richard Dawkins ha fatto per il New Atheism.

Che si sia d’accordo con le conclusioni di Dawkins o no il suo libro ha reso popolare e comprensibile all’ “uomo della strada” le posizioni di una corrente filosofica minoritaria e complessa, e ha suscitato un dibattito vivace anche da parte dei non esperti. Come l’ateismo organizzato anche il libertarismo ha un disperato bisogno di  uscire dalle aule polverose delle discussioni accademiche e di fare parlare di se’ anche fuori da Internet , nelle piazze e nei mercati, nei giornali e nelle televisioni.

Ora, come direbbero in Albione, “my writing skills aren’t up to par” (le mie capacità letterarie non sono sufficienti) per una tale impresa. Questo post  ha un obiettivo meno ambizioso e più alla portata delle mie doti: una lista di dieci “miti”  ingenui che vengono spesso usati come argomenti contro il libertarismo (ispirata alla lista di Dawkins dei “miti” contro l’ateismo) che tenterò di smontare in parole povere ed in breve nei miei commenti.

Il presupposto di questo post è che lo stato non è niente di speciale. In termini economici, lo Stato è semplicemente un monopolio imposto con la forza.

Lo Stato è  quindi una struttura che è  possibile analizzare in termini economici esattamente come ogni altra struttura sociale e  non è una creazione indipendente dal mercato e dalle leggi dell’economia.

Dato per scontato questo presupposto, è evidente che lo Stato non ha ricette magiche per creare denaro, posti di lavoro e prosperità dal nulla. Per finanziare i suoi progetti lo Stato necessita di entrate esattamente come qualsiasi altra struttura economica. Queste entrate arrivano principalmente da una fonte: il prelievo forzoso di denaro da chi produce ricchezza. In parole povere, le tasse.

La maggior parte dei sostenitori dello Stato riconosce questi presupposti, ma non ne accetta le logiche conseguenze e invece propone una serie di miti privi di valore. I miti più ingenui (come quelli nella lista che ci prepariamo ad esaminare) fanno appello alle emozioni forti e tentano di suscitare un rifiuto viscerale e acritico del libertarismo.

Secondo questi miti, lo Stato è necessario perché…

Mito numero 1: senza Stato ci sarebbe solo una guerra perpetua!

L’origine di questo mito è probabilmente antica quanto lo Stato stesso, ma la versione più famosa di questa affermazione è il motto latino della “bellum omnium contra omnes” (la guerra di tutti contro tutti) formulato da Thomas Hobbes nel suo trattato The Leviathan (it: Il Leviatano).

Decine di pensatori molto più capaci di me hanno affrontato questo mito nelle sue implicazioni logiche. Ma anche senza discutere troppo di teoria morale, i dati che abbiamo a disposizione ci dicono che questo mito è semplicemente falso. 

Nel corso della storia sono esistite decine e decine di società che sono sopravvissute per secoli senza una struttura statale che le controllasse. Un esempio è l’Islanda medievale, dove non esisteva un potere centrale o periferico e le decisioni erano prese dalle assemblee delle famiglie. Altri esempi sono innumerevoli: centinaia e centinaia di culture prive di Stati centralizzati e di sistemi di tassazione hanno prosperato in Africa e in America prima delle invasioni coloniali. Non tutte le culture non europee erano prive di stato, ma il semplice fatto che alcune di esse lo erano e sono sopravvissute per secoli senza collassare in orge di violenza invalida il mito della guerra universale di Hobbes.

La struttura dello Stato non è connaturata alla natura umana, ma ha una storia precisa. Come ho già puntualizzato nel mio post su Stato e autorità lo Stato come lo intendiamo oggi (ovvero come un sistema di potere impersonale,  libero dai contratti e sovrano su un preciso territorio) è nato durante il Rinascimento.

E se ci si pensa bene, anche le strutture di potere precedenti (monarchia, oligarchia, democrazia diretta assembleare all’ateniese) non sono esistite dalle origini dell’Homo Sapiens, ma sono nate dopo la fondazione delle prime città, nel 6000 a.C. circa. Homo Sapiens dotati di capacità intellettive ed emotive uguali alle nostre sono sopravvissuti per millenni senza Stati, grazie a delle gerarchie informali. 

Del resto se si guarda alla storia le stragi più orribili che il genere umano abbia commesso sono sempre frutto di stati autoritari (Germania nazista, paesi comunisti, dittature sudamericane). Le violenze dei privati, persino i serial killer più feroci,  non raggiungono mai gli estremi che l’autorità statale impiega per liberarsi dei suoi nemici.

Mito numero 2: lo Stato è l’unica fonte delle leggi e l’unico strumento per farle applicare!

Le sorgenti del diritto non sono gli Stati, ma le tradizioni culturali e religiose delle varie comunità, che a loro volta si basano sugli istinti morali e sociali che l’evoluzione ha selezionato e trasmesso nella nostra specie.

Inoltre, come spiega chiaramente David Friedman nel suo libro “The Machinery of Freedom” (it: L’ingranaggio della libertà) la formulazione e l’applicazione delle leggi sono attività umane che non hanno nulla di speciale e possono essere svolte da imprese private esattamente come ogni altra attività umana. Alla base del funzionamento dei tribunali privati c’è semplicemente il principio di fiducia in una parte terza rispetto a chi vi si rivolge. Questa parte terza può essere chiunque: pensiamo, per fare un esempio banale, a un amico che si improvvisa arbitro in una partita di calcio informale. L’amico non ha poteri speciali e non ha bisogno di nulla che della fiducia dei giocatori, eppure sorveglia il rispetto delle regole.

I tribunali privati, inoltre, sono esisti per secoli prima degli Stati moderni e esistono tuttora in molte parti della terra. I dati che abbiamo a disposizione sembrano dirci che i tribunali funzionano in maniera molto più efficiente quando sono  privati (si veda, per esempio, questo articolo: http://italia.panorama.it/I-tribunali-funzionano-quando-sono-privati).

Per quanto riguarda l’applicazione delle leggi, nessuno nega che una agenzia di sicurezza privata possa esistere e funzionare in maniera efficiente. Ne facciamo esperienza tutti i giorni, quando incrociamo il furgone blindato di una banca. In una società senza stato il mercato delle agenzie si sicurezza sarebbe semplice aperto alla concorrenza, con la fine del monopolio statale della forza. Chi non vorrebbe pagare per la sicurezza potrebbe anche difendersi da solo.

Mito numero 3: senza Stato i ricchi sarebbero padroni del mondo e i poveri verrebbero lasciati a morire di fame!

Questo mito può far sorridere chiunque si renda conto che già oggi i ricchi dominano il mondo proprio grazie ai loro “amici” all’interno degli apparati statali, ma numerosi gruppi socialisti o presunti tali amano ripeterlo come un mantra.

Il sistema che permette a  chi ha gli “agganci giusti” di eliminare la concorrenza o ricevere contributi statali e privilegi a scapito di chi invece  si chiama crony capitalism (http://en.wikipedia.org/wiki/Crony_capitalism) e potremmo tradurlo con “capitalismo clientelare”. In Italia lo conosciamo con altri nomi:  a seconda delle parti coinvolte, “furbetti del quartierino” “coop rosse” o “Tangentopoli”.

Ma anche la seconda parte del mito è falsa.  Le fondazioni  e le charities private sovvenzionate dagli uomini più ricchi del mondo (come la Gates Foundation,  creatura del tanto vituperato Bill Gates e della moglie Melinda: http://www.gatesfoundation.org/) hanno fatto molto di più per i poveri di quanto gli aiuti estorti grazie alla tasse potranno mai fare, per la semplice ragione che le donazioni volontarie affrontano problemi precisi e una generica “povertà”. Queste associazioni promuovono e valorizzano degli atteggiamenti positivi nelle parti disagiate della terra (ad esempio dei miglioramenti tecnologici o sociali) invece di semplicemente distribuire degli aiuti statali “a pioggia” (che spesso finiscono nelle tasche di qualche impiegato statale e dei suoi amici).

Numerosi dati dimostrano che lungi dal risolvere i problemi dei poveri lo Stato crea povertà  (Fabristol ne ha scritto in maniera molto convincente in questo articolo: http://libertarianation.org/2013/04/03/dipendere-dal-welfare-dello-stato-crea-solo-altra-poverta/).

Mito numero 4: lo Stato difende le categorie deboli!

Questo mito è molto popolare fra le minoranze sociali e culturali degli stati “democratici” (ad esempio gli omosessuali, gli afro-americani e gli atei) e si  basa su alcune conquiste che un libertario può apprezzare, come i risultati dei movimenti per i diritti civili.

La realtà storica, tuttavia, ci dice che gli stati sono stati per molto tempo la fonte delle oppressioni nei confronti delle minoranze. Le conquiste sociali delle minoranze sono state spesso ottenute da chi ha lottato contro l’oppressione degli Stati e delle leggi illiberali.

Anche nelle occasione in cui gli stati hanno eliminato delle pratiche illiberali (come la schiavitù dei neri negli USA) questo è successo perché altri stati garantivano queste pratiche a livello legale. Il nemico della libertà era sempre uno stato, la Georgia piuttosto che l’Alabama o la North Carolina.

Gli Stati democratici moderni, inoltre, usano le minoranze per un perverso gioco delle parti. Grazie alla propaganda “progressista” le libertà non sono più viste come parte dell‘individuo in sé e per sé, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, dalle sue origini etniche o dalle sue opinioni religiose, ma come gentili concessioni dello Stato a delle categorie oppresse.

La concessione di  privilegi che nessuno dovrebbe avere (come la “quote etniche” o le “quote rosa”, che riducono una persona a un espressione di un gruppo) non risolve i problemi di chi fa parte di una minoranza, ma crea delle caste di privilegiati che ottengono posti pubblici o occasioni accademiche non grazie ai propri sforzi, ma in quanto membri di una categoria. Queste persone aumentano i pregiudizi nei confronti delle categorie marginali e incentivano il razzismo o il sessismo dandogli delle basi economiche (il classico, mantra  “gli X ci rubano il lavoro!”), esattamente il contrario di quanto chi fa parte di una categoria minoritaria si augura!

Occorre smettere di classificare gli esseri umani all’interno di etichette utili solo agli ingegneri sociali e giudicarci in quanto individui.

Mito numero 5: al giorno d’oggi non esistono società libertarie! Quindi non esisteranno mai! 

Le persone dotate di un certo intelletto, che siano libertarie o meno, non dovrebbero mai credere a questo mito. Utilizzando la stessa logica,  un individuo vissuto nel Seicento avrebbe potuto “dimostrare” che una società senza schiavi era impossibile. Dopotutto la schiavitù era sempre esistita e tutti la trovavano “normale”.

La storia dimostra  che le società cambiano nel tempo, anche in maniera radicale. Giulio Cesare si vantava di crimini per cui oggi condanniamo Hitler o Stalin. Fino a trenta anni fa gli omosessuali erano visti come dei malati mentali, quando non addirittura dei criminali.

I libertari vogliamo dare più visibilità alle loro idee proprio nella speranza che si formi la “massa critica” necessaria a cambiare questa società.

(La prima parte finisce qui. Per la prossima parte ci vediamo fra qualche giorno, stesso sito, stessa firma. Non tiratemi troppi pomodori marci o, se volete, tiratemeli maturi e vi ringrazierò per il regalo).


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